Non mancate di riascoltare la trasmissione di RaiRadio3, La Grande Radio, dedicata alle tante interviste su Marguerite Duras:
Non mancate di riascoltare la trasmissione di RaiRadio3, La Grande Radio, dedicata alle tante interviste su Marguerite Duras:
Ah, che piacere! Ah, che viaggio! Accompagnate per mano da Sandra Petrignani nella vita svelata di Marguerite Duras. Mi inchino, davanti al carisma di un mito letterario, e mi inchino una seconda volta, davanti alla capacità della Petrignani di portare il lettore avanti e indietro lungo il filo di un’esistenza sempre tenuta ad altezze mozzafiato.
Avevo già sbirciato volentieri nelle case di autrici di grande fascino in La scrittrice abita qui; è stato bello anche, con Addio a Roma, passeggiare per la capitale, seguendo a poca distanza le vicende caotiche, sconnesse, mai prive di magnetismo di tanti artisti, ma Marguerite… Ah, Marguerite!
L’incontro con Sarah Dunant è stato presentato da Neri Pozza e dall’Unione Lettori Italiani, di cui io – e me ne scuso – ignoravo l’esistenza. Però, curiosa, mi sono fatta mandare il programma di incontri, che allego (si svolgono tutti in Sormani, nella sala del Grechetto). Lo faccio, perché mi piace molto l’effetto cascata che sta avendo il Book Club, in tutte le direzioni. Per esempio: Enon di Paul Harding, fa venir voglia di rileggere L’ultimo inverno, e poi, visto che gli danno del visionario e lo paragonano ai grandi del passato, anche i saggi di Emerson e, perché no, l’opera non solo letteraria di Wilam Blake. Io mi lascio trasportare…
Sono stata molto cirtica, forse la più critica, verso il libro della Grissom e adesso mi ritrovo con un’amica che mi ringrazia per averglielo consigliato. I prodigi del Book Club…
Mettersi nei panni dell’altro – in questo caso di un lettore con gusti letterari molto diversi dai nostri – può essere costruttivo in tutti gli ambiti della vita.
Mi sono divertita a segnare i passaggi nel libro di Remarque che potrebbero parlare dell’Italia, o dell’Europa, dei nostri giorni, della crisi economica, del pericolo che si insinua fra le parole dei politicanti.Comincio io, ma vi invito ad allungare la lista:
(pag.26) Sulla crisi economica: “Un tempo si affondava lentamente, e c’era sempre la possibilità di tornare a galla; ora invece ogni licenziamento era seguito dal baratro della disoccupazione perenne”
(pag.28) Sulla disoccupazione: “riuscire a frequentare ancora l’università non faceva alcuna differenza: anche se si fosse laureato, nella migliore delle ipotesi avrebbe dovuto aspettare dieci anni prima di trovare un lavoro”
(pag.61-62) Sugli ideali: “Avevamo voluto marciare contro la menzogna, l’egoismo, l’avidità, l’aridità di cuore, giustificazioni a tutto ciò che ci eravamo lasciati dietro le spalle. Eravamo stati duri, senza altra fiducia che quella nei camerati al nostro fianco e quella, che non ci aveva mai traditi, nelle cose: il cielo, il tabacco, gli alberi, il pane e la terra. Ma che cosa ne era sortito? Tutto era andato in pezzi, falsato e dimenticato. A chi non riusciva a dimenticare non rimaneva altro che lo stordimento, l’incredulità, l’indifferenza e l’alcol. Il tempo dei grandi sogni umani e virili era finito per sempre. I più furbi e intraprendenti trionfavano. La corruzione, la miseria”
(pag. 129) Sulle nuove generazioni: “Cosa ne sapete, voi ragazzi, dell’esistenza? Avete paura dei vostri sentimenti, Voi non scrivete lettere, ma telefonate; voi non sognate più, ma fate gite nel week end; voi siete ragionevoli in amore e irragionevoli in politica. Una generazione pietosa”
(pag. 187) Sul disincanto: “Teatro, concerti, libri, tutte queste abitudini borghesi per me non esistevano quasi più. I tempi erano cambiati. La politica era già un teatro sufficiente, le sparatorie di ogni sera davano un altro tipo di concerti e il gigantesco libro della povertà era più impressionante di qualunque biblioteca”
Da pagina 395 inizia il discorso del politico sul palco, non lo riporto, ma non perdetevelo.
Margherita
Se permettete, vorrei spostrare il dibattito letterario fuori dal circuito dei libri finora letti, scavalcare lo steccato della Neri Pozza e fare un salto più in là, per misurare la capacità di discussione del nostro blog, per aprire un dibattito, per capire il raggio d’azione di questa avventura chiamata Book Club. Ci provo:
Sul Corriere della Sera di ieri http://archiviostorico.corriere.it/2013/agosto/02/Masterpiece_talent_per_gli_scrittori_co_0_20130802_5f9e1996-fb36-11e2-8afe-aa7fc56be269.shtml è apparsa la notizia di un prossimo spettacolo televisivo a caccia di talenti, Masterpiece (da novembre, su Rai3), ovvero “il primo talent show letterario televisivo, dove scrittori emergenti si sfideranno sul terreno della parola scritta”.Come vi sembra l’idea? Selezioni, prove e provini davanti alle telecamere, gare di scrittura, testi improvvisati, letti e recitati davanti a una giuria composta da scrittori noti, eliminazioni e un solo vincitore che vedrà pubblicata la sua opera inedita in 100mila copie (!) da Bompiani: il sogno di ogni esordiente (mi riferisco alla pubblicazione).
Contrariamente a quanto indicato nell’articolo, il sito masterpiece.rai.it non è ancora attivo, bisognerà dunque attendere per poter inviare il proprio capolavoro e – neanche a dirlo – la propria fotografia.
Trashletteratura, reality show sugli scrittori esordienti o la nuova frontiera dell’editoria?
Magari ho preso solo un’insolazione, magari vale la pena fare quattro chiacchiere in proposito… Dai, parliamone!
Margherita
Ho finito L’ultima fuggitiva e ne sono rimasta piacevolmente colpita; è un libro a cui non mi sarei mai avvicinata senza una “spinta” (un altro punto in favore del Book Club!).
Tracy Chevalier ci ha raccontato di averci messo più di tre anni per scriverlo e, in effetti, si sente la solidità della struttura e l’attenzione verso i dettagli lungo tutta la narrazione.
L’autrice ha un metodo di ricerca così approfondito e intenso che la porta a diventare, come lei stessa si è definita, un’esperta temporanea nei campi più disparati: il mondo dei fossili (Strane Creature), il quilt (L’ultima fuggitiva), la pittura (Ragazza con l’orecchino di perla); ritrovandosi poi a essere chiamata all’inaugurazione di una mostra su Vermeer (a distanza di quindici anni dall’uscita del libro), a fare il giudice a una gara di quilt, a essere l’ospite d’onore alla presentazione di una ricerca sui fossili.
Durante l’incontro abbiamo sollevato anche la questione sul tema della schiavitù, trattato sia ne L’ultima fuggitiva sia ne Il mondo di Belle di Kathleen Grissom. La Chevalier, consapevole della delicatezza del tema, ha detto di aver scelto di trattarlo senza mai pretendere di mettersi nei panni di uno schiavo, senza la presunzione di parlare attraverso i personaggi di colore che si incontrano nel suo libro.
L’idea della trama, invece, le è venuta assistendo a una cerimonia in ricordo delle vittime della schiavitù, durante la quale Toni Morrison ha svelato il primo monumento dedicato alla “ferrovia sotterranea”, una panchina, simbolo di una doverosa pausa riflessiva.
Gli incontri organizzati dal Book Club ci regalano manciate di informazioni e aneddoti personali raccontati dagli autori stessi di cui mai potremmo venire a conoscenza in altro modo. Non poco!
Il nostro gruppo del lunedì si è riunito per la seconda volta e mi è parso che la timidezza e le riserve iniziali abbiano lasciato il posto alla voglia di esserci, con impegno e con quanta più competenza possibile.
Attenta Neri Pozza, perché mi sembra che qui si faccia sul serio!
Mi sono molto divertita a sentir parlare di libri fatti a fette, smontati, letti, riletti, rivoltati. Un membro del gruppo ha detto: «Certo che siamo dei lettori un po’ difficili!» e AnnaRita, la nostra coordinatrice, ha replicato: «Un po’? Io direi lettori difficili e basta, senza un po’». Ho visto copie piene di annotazioni, sciupate, gonfie di segnalibri e di orecchie agli angoli delle pagine.
Personalmente ho bocciato senza tanti scupoli la seconda opera in discussione, Il mondo di Belle. Ho espresso perplessità sulla contestualizzazione storica, sullo stile della Grissom, su una narrazione che tanto ha dello story-telling e poco del writing. Nessuno della Neri Pozza mi ha fatto pervenire commenti, per altro leciti, del tipo: «Come ti permetti? Non hai le competenze per esprimere critiche tanto severe. Vacci piano!». Nessuno, inoltre, è presente in rappresentanza della casa editirce alle riunioni del gruppo. Lo dico a chi segue il blog dall’esterno, perché mi sembra indicativo di un progetto che si è proclamato fin da subito sperimentale, libero, in divenire e lo è davvero.
Non sappiamo bene dove stiamo andando, noi del Book Club, ma di sicuro la Neri Pozza avrà il suo bel da fare, un bel po’.
Ovviamente uno scrittore è libero di affrontare qualsiasi argomento in un libro, ma ci sono alcune pagine buie della Storia che non possono, a mio parere, serivire da puro sfondo scenografico e basta. La schiavitù negli Stati Uniti d’America è stata una vergogna che non merita buonismi, non per moralismo, ma per non permettere che ci passi davanti senza suscitare disgusto e, allo stesso tempo, voglia di approfondire i fatti.
La scrittura di Kathleen Grissom non mi ha fatto provare orrore di fronte alla prigionia, non ho sentito angoscia né paura, le catene non stringevano e le botte parevano non lasciare lividi, nelle piantagioni di tabacco si suda, ma la sera si sta insieme.
Mi pare un po’ come se uno scrittore tedesco ambientasse un libro in un campo di concentramento e ne uscisse una storia in cui si lavorava, in effetti, molto, vitto e alloggio non erano un gran che, i guardiani erano cattivi, ma la speranza non è mai venuta meno e l’amore vince sempre.
Chi paragona la Grissom a Toni Morrison non ha mai letto la Morrison e non l’ha mai ascoltata parlare di schiavitù.