Tutto è allegria, tutto è politica. Tutto abbatte i pudori e i tabù alle serate mondane di Tina Modotti.
Frida l’ha conosciuta quando, liberatasi del busto ortopedico in cui, dopo l’Incidente, era racchiusa come una crisalide, ha cominciato a bazzicare la sede del PCM, il partito comunista messicano. Con il suo naso italiano, il suo petto scultoreo, il ritmo ciarliero del suo eloquio staccato, Tina ha aperto subito una breccia nel suo cuore. A una serata particolarmente festosa della fotografa italiana, dove si beve, si sbraita, si canta, e si ride più del solito, Frida vede per la prima volta Diego Rivera, el gran pintor del Messico, l’artista che, con Orozco e Siqueiros, ha portato la pittura fuori dai salotti borghesi, ha ritrovato la vocazione del colore e della smisuratezza, ha dipinto meravigliosi affreschi in cui uomini e donne si ergono, fieri, a tre metri di altezza.
È un pachiderma o, meglio, una piovra dai tentacoli ammalianti, un uomo elefantesco dall’agilità contro natura, un ammasso di carne rosea che suscita, tuttavia, un sapore immediato e irresistibile di proibito.
È, soprattutto, una figura irresistibile per Frida, che non esita, nei giorni successivi, a presentarsi al suo cospetto da sola, senza soggezione. Lei, la meticcia di Coyoacán che ha vent’anni di meno, la colonna spezzata, le gambe arrugginite, al cospetto del grande pittore. La passione esplode immediata. Frida non ha timore a concedersi a quell’uomo, un gigantesco totem che ha dieci vite di vantaggio su di lei.
Gli racconta della sua esistenza, del tragico Incidente dello schianto dell’autobus e del suo corpo. Gli mostra le sue opere. Diego comprende subito che una forza inusitata anima quella piccola meticcia di Coyoacán, un’ostinazione a vivere e ad amare al di là di ogni capriccio del destino.
Nulla è neroè un romanzo che narra la storia d’amore tra due figure iconiche del Novecento. È dunque il racconto di una tumultuosa, turbolenta passione e, insieme, di un secolo di furori, speranze, ideali e disillusioni. Un secolo in cui l’intensità della vita valeva più della vita stessa.
«Un romanzo traboccante di colori e sensualità». Libération
«Ci immergiamo con gioia nello straordinario destino di Frida Kahlo». Technikart
Claire Berest pubblica il suo primo romanzo, Mikado, a 27 anni. Seguiranno altri due romanzi, tra cui L’Orchestre vide et Bellevue (Stock, 2016), e due saggi: La Lutte des classes, pourquoi j’ai démissionné de l’Éducation nationale e Enfants perdus. Nel 2017, ha scritto Gabriële, che ha avuto grande successo.
Il libro del mese di dicembre: Nulla è nero di Claire Berest,
“Nulla è Nero” è un libro a colori, per chi ne ama le intensità e sfumature in un percorso di vita fra amore e arte. Povera Frida, che guarda incredula ad occhi sgranati i numerosi tradimenti del marito, Diego Rivera. Eppure lei lo strega. È lei vittima o carnefice? Urla di dolore. Ma la gonna è lunga, a coprirle le cicatrici delle gambe. La neo nata pittrice vomita quel dolore imbrattandone le tele. Diego guarda e s’innamora. Crede in Frida e nel suo talento. A me piace, a volte, quella delicatezza dei rapporti fra donne in contrasto con il turbine dell’amore passionale. L’autrice, è ovvio, tifa per Frida, a cui vanno gli onori, la comprensione, ma anche il tormento. Alla fine avrei voluto anch’io essere a tavola con questa coppia e dopo, forse, avrei dipinto anch’io, semmai paesaggi e contesti, qua appena accennati. È un romanzo introspettivo e biografico, graziosamente narrato. Se i colori li prendessi davvero, dipingerei me stessa?
Le parole sono come uno scintillio di colori, di sensazioni, di inquietudini allegre e fosforescenti. Il libro celebra un amore totale, forte, vero, sconsiderato, folle, selvaggio che si unisce all’unisono con l’arte. Il libro è subito coinvolgente, ha una scrittura immediata su cui il lettore si posa come per divorarla. Lo scandaglio psicologico è attraente e seducente, di una sensualità che prende i sensi. Frida è una donna eccezionale, ma anche una dea brutale e fragile. Per lei vestirsi non è coprirsi, ma un’espressione fantastica del suo mondo interiore.
L’ autrice con arte sapiente e viva racconta con una tecnica che sembra regalare sprazzi di luce come fuochi di artificio. Ogni capitolo porta il titolo di un colore che vivifica il successivo andare del racconto.
(Book club Vicenza, come l’autrice del commento precedente)
Una narrazione incalzante con un lessico piano, immediato, essenziale, in cui Diego e Frida sono la coppia-mito che tutti si contendono, anche i “gringo” americani anticonformisti. E’ un trionfo da Detroit a San Francisco fino a New York. Frida e Diego sono gli ospiti venerati dagli Henry Ford e Rockefeller di turno, che non rinunciano al genio di Diego, più affascinante di una “movie star”, e all’esotismo di Frida, forse il suo accessorio più straordinario, anche solo per esibirli: lei provocatoria, quando a cena dai Ford pronuncia la parola “ebrei” ad un tavolo di antisemiti, lei sagace, quando deve dare un giudizio sulla catena di montaggio, lei irresistibilmente adorabile quando, con spirito, propone di insegnare al capitano di industria la ricetta del “mole negro” e immagina il magnate fasciato da un grembiule…
Capitolo dopo capitolo, ciascuno contrassegnato dai colori che virano dal blu, al rosso, al giallo, al nero, al grigio cenere in tutte le loro sfumature, Claire Berest ci offre un romanzo che ha il fascino esotico delle letterature sudamericane e, soprattutto, ci restituisce il ritratto di una donna vitale, esotica, sensuale. Indimenticabile.
Le pagine di Nulla è nero diffondono colori accesi e profumo di fiori esotici che ci avvolgono mentre la curiosità di conoscere la avventura dell’amore passionale e burrascoso tra Frida Kahlo e Diego Rivera ci stimolano a continuare nella lettura trascinati dal ritmo incalzante della scrittura. Piccola e fragile ma tenacissima e forte Frida, la meticcia, grande e possente ma debole nella carne Diego, due pittori di quadri quasi metafisici lei e di murales lui ci comunicano il desiderio di riscatto del proprio vissuto e del proprio Paese, il Messico, in un momento di grandi speranze, gli Anni Venti del Novecento.
Bel libro, con una bella caratterizzazione del personaggio. Rende bene la grande voglia di vivere di Frida. Il libro scandaglia meglio del film l’aspetto psicologico della protagonista. Mi è nata una domanda: una donna con un carattere così forte ed esuberante perché accetta questo amore, anzi di vivere per quest’uomo che la tradisce perfino con sua sorella? Mi sono risposto: ama quest’uomo perché vede in lui quello che è lei, alternativo e anticonformista.
L’autrice scrive bene, è incisiva e immediata. La storia d’amore tra Frida e Diego è nota, ma il modo in cui è narrata rende questo romanzo affascinante ed originale. L’autrice rende bene l’amore della protagonista per i colori.
Il libro mi è piaciuto, la lettura è scorrevole. Questo suo amore l’ho interpretato come un’ossessione, indipendentemente dal valore che abbia una persona. L’ossessione è fonte di energia, è un tipo di approccio che poi nella vita artistica può portare ad alti risultati. Se questa passione per Diego le ha dato l’energia vitale per produrre, è stato un amore produttivo. Ho trovato meno felice un aspetto didascalico piuttosto presente, come quando abortisce. Avrei preferito che avesse messo degli accenni invitandomi a guardare senza specificare troppo. Comunque, se fossi un’insegnante d’arte e volessi far capire chi fu questa donna, consiglierei questo libro.
La scrittura mette in evidenza l’elemento infantile che è nella pittrice: sembra quasi di poter toccare Rivera. Il lessico è molto curato, mai banale: dà la sensazione di un accesso alla realtà senza filtri. Ho visto un’inversione della tauromachia classica, perché al posto del torero c’è una donna. L’autrice ha saputo farmi percepire una persona che si misura con situazioni più grandi di lei, quale è anche la storia d’amore con Rivera. Lei ama, ne subisce anche le conseguenze negative, ma non si tira indietro.
Il commento precedente è da attribuire a Manuel Righele, per errore è indicata un’altra persona
È coraggiosa Claire Berest a confrontarsi con Frida Kahlo, icona della tradizione artistica e del movimento femminista, “piccola dea brutale e fragile”, dotata di uno “straordinario talento nel fornire immagini eloquenti allo strazio interiore”, e parte alla grande immedesimandosi totalmente nello sguardo dell’artista quando descrive l’incontro con Diego Rivera. Con una scrittura brillante, colorata e vivace ci racconta la vita breve, intensa e fragorosa di questa artista a suo modo ingombrante e controversa, che già a quindici anni aveva nel corpo argento vivo, in testa pensieri di ribellione e, sotto le palpebre, immagini di estasi future.
Si rivede l’artista nella partitura del libro nei tre colori fondamentali dello spettro visibile, blu, rosso e giallo declinati in varie sfumature e passioni e ci si incanta ad osservare Frida che si veste come un tableau vivant e cuce frasi amorose nelle pieghe dei suoi vestiti complicati, la si segue nel suo percorso strettamente legato al gran pintor e nella sua fame di vita, anche negli eccessi.
Paga a caro prezzo il dispendio del suo corpo e della sua anima ma, anche quando il dolore si fa pressante, “nulla è nero” dice Frida nel suo diario, e lo sconfigge con la sua energia, esuberanza anche nell morte.
Una Frida Kahlo conosciuta ma vista, vissuta da Claire Berest, “una donna, la donna, la sua sofferenza, solitudine in pieno deserto, la parte irriducibile dell’essere umano, un dolore esistenzialista”, la sua indimenticabile Frida.
Una scrittura focosa, impetuosa. Frasi brevi, che imprimono molto ritmo alla narrazione. Lo stile scelto dall’autrice trovo sia l’elemento più interessante di questo libro che ci trascina dentro la storia tumultuosa tra Frida e Diego (che, più o meno, tutti conosciamo). Più che stendere una biografia, credo che la Berest volesse trasmettere la fiamma che animava la personalità di Frida e, secondo me, c’è riuscita.
Confesso: ero prevenuto. Le opere di Frida Khalo non mi hanno mai emozionato. E la sua storia, in grandi linee, la conoscevo già. Ma già al secondo capitolo, “Nulla è nero” mi ha conquistato. Una scrittura brillante, effervescente, che si modella, si plasma sul carattere della protagonista Frida, restituendo al lettore quella veemenza dolente, eccessiva, ostinata e ostentata come un vezzo, che ha accompagnato l’artista nella sua vita. Una scrittura emozionante, capace di sfumature elegantissime, con un tocco lieve e deciso al tempo stesso. Regalerò questo romanzo.
I materiali biografici a proposito di Frida Kalho e Diego Rivera non mancano ma forse non si sentiva la necessità di una nuova biografia. La loro pittura del resto continua a parlare in particolare per noi europei quella di Frida.Claire Berest si è avvicinata alla vicenda umana dei due pittori messicani con altro spirito e ha scelto di marcare stretto il legame tra i due e ancora di più la fissazione amorosa di Frida per Diego. E’ attraverso questo sentimento totalizzante che Frida cresce come donna e come pittrice.La narrazione, una volta scelto il punto di vista, si dipana in situazioni che pur prendendo le mosse da accadimenti realistici attingono largamente alla fantasia dell’autrice. I due si muovono difronte a noi come personaggi che prendono via via spessore e profondità. Frida soprattutto è una figura vivida e toccante dai colori e dai vissuti esagerati. La piccola messicana ribelle con un carico di dolore fisico esagerato si presenta nei suoi molti travestimenti mentre consuma la sua voracità di vita accanto al corpulento muralista incapace di restituirle altrettanto amore. L’amarezza per i continui tradimenti esacerba la sensibilità di Frida e nutre la sua pittura che via via acquista spazio e credibilità . L’originalità del suo segno, visionario e fortemente autoreferenziale, sorpassa le monumentali opere del compagno, e si pone in dialogo con i grandi pittori del suo tempo Claire Beest si avvicina a Frida con grande intimità attraverso una lingua e una trama di parole che ne esaltano la sensualità.
Con una scrittura fresca, scoppiettante ed esagerata la Berest ci riporta ancora una volta nella storia d’amore tormentata tra Frida Kalho e Diego Rivera. Oltre a tutto quello che hanno scritto nei commenti precedenti io vorrei sottolineare che l’autrice è riuscita a ben delineare il quadro storico in cui le vicende si susseguono…il Messico degli anni ’20/30, San Diego e San Francisco e poi Newyork con le feste esagerate in cui i protagonisti vengono ‘esibiti’ come fossero dei trofei di caccia e la Parigi decadente negli anni appena precedenti la 2° guerra mondiale. Romanzo da consigliare!
Sabrina Di Agresti – Torino (n. Roma)
Già nel titolo si vuole probabilmente creare quel crescendo di colori, quasi affannoso, che dal rosso passa al giallo per arrivare al nero della vita, della sofferenza, del dolore di una donna imprigionata in un corpo malato.
Il libro della scrittrice francese Claire Berest mette in risalto il lato umano e personale della pittrice Frida Khalo, della sua eccentricità, spigliatezza, voglia di vivere e rapporto con un uomo quanto mai complesso e controverso come Diego Rivera.
Il testo si snoda in diverse situazioni di viaggio tra Messico, Parigi e Stati Uniti in cui la vita dell’artista è sviluppata, in media res, con ellissi temporali che rendono la lettura della narrazione molto avvincente.
Il successo e la fama del Rivera, a cui Magdalena Carmen Frida si rivolge sottoponendogli un suo dipinto, innescano un meccanismo vorticoso di passioni, tradimenti, gelosie celate e delusioni, anche dalla propria sorella. Del loro matrimonio, del divorzio e del successivo matrimonio.
Rivera invece è attratto da lei per la sua forza magnetica, di donna eccentrica e schietta, pura nei sentimenti e amante della vita pur con le contraddizioni e i suoi rapporti fedifraghi e saffici. Di vent’anni più giovane, Frida si ribella all’uomo ed alla vita stessa, con esuberanza e attaccamento alla vita. E’ anche amante di Nick, l’ungherese e il preferito.
Di famiglia benestante ebrea tedesca emigrata dall’Ungheria, l’artista di Coyoacán, già molto giovane, frequenta il Partito Comunista Messicano. Vuole divenire medico e si iscrive alla scuola preparatoria. Ama un ragazzo, Alejandro, che si dilegua dopo l’incidente. Frida ne è delusa e amareggia. Ha 18 anni. Si trova al suo fianco su un autobus e viene travolta da una sorta di tram che le rovina irrimediabilmente l’esistenza. Un’ asta metallica le trapassa il corpo. Assumerà poi l’ideologia di Rivera, quella di Zapata. Il Messico è tormentato dalla guerra civile.
Costretta per lunghissimo periodo a letto in un busto, ha ormai irrimediabilmente compromesso la sua salute ed è in questo periodo che inizia a dipingere, in un letto, trasformato in baldacchino. Non per rabbia o noia, ma per disperazione, per attaccamento alla vita. Le sue opere sono intrise di dolore e disperazione, di sangue, di una maternità cercata ma non realizzata. I suoi problemi pelvici dovuti all’incidente glielo impediscono. Il suo amore viscerale è insieme anche odio.
Tra il blu, il rosso e il giallo, i colori del diario di Frida e dei suoi vestiti, si insinua l’esistenza e il periodo politico ed economico intorno al 1930 – 1950.
Ha un’amica, Lucienne, che conosce bene Rivera, ma è anche colpita dal suicidio di Dorothy.
Con Ribera è amore, adorazione, sottomissione, ma anche odio, per essere vittima, come sua sorella Cristina.
La vita con Diego Rivera è tormentata, ma affascinante, è uomo perverso ed egocentrico. Con lui incontra Ford per un lavoro di un murales a Detroit, Rockfeller a New York.
Si può affermare che genio e sregolatezza hanno convissuto nei due personaggi e che non si può citare l’uno senza l’altra. Nonostante la sfortuna per la poliomielite, malattia che la colpisce quando ha 6 anni e l’incidente subìto, Frida ha avuto la forza di reagire e di vivere la vita. Forse proprio il dolore le ha dato quell’energia e quella tempra che l’hanno resa così speciale.
Ha sentito sul suo fisico e sulla sua persona la fisicità e il peso del corpo di Rivera che l’ha amata come poteva e sapeva amare, fino alla sua fine.
Nel 1950 Frida subisce sette operazioni alla colonna vertebrale e trascorre nove mesi in ospedale.
Nel 1953 si tiene la sua prima mostra personale, allestita dalla amica fotografa Lola Alvarez Bravo.
L’anno successivo si ammala di polmonite e muore nella casa azul, per embolia polmonare, a 47 anni.
Ho iniziato questo libro un po’ titubante, in punta di piedi: conoscevo a grandi linee la pittura di Frida e le vicende che hanno segnato la sua vita, ma non avevo mai dedicato particolari ricerche alla sua storia. Sono felice di averne avuto l’occasione con questo libro.
Ho molto apprezzato la scrittura di questo romanzo in cui discorso diretto e flusso di coscienza si alternano – a mio avviso – in modo molto naturale. E poi che dire… Frida è un “Incidente” per chiunque: inevitabilmente, nel cuore resta sospeso qualcosa nel momento in cui si conosce di più questa donna. Le parole dell’autrice presentano una giovane dal sangue bollente, esile e ostinata, bruciante di vita e di tenacia, nonostante il suo dolorosissimo incidente.
Nel romanzo Però, Frida non è solo come pittrice. Lei è donna, strega, leggenda. Il suo grande amore per Diego è indubbiamente un motivo molto sentito in tutto il romanzo, ma non lo definirei onnipresente: lei forma un tutt’uno con il suo enorme pintor, insieme danno vita ad un mito, insieme sono leggenda. La strana coppia è tanto differente quanto magnetica! Ma nonostante questo, mi piace pensare che sia lei la regina di questo libro e della sua intera vita. Non “Frida y Diego”. Solo Frida.
Attraverso i suoi quadri – di cui peraltro è protagonista indiscussa – lei si guarda, si vede, apre una finestra sulla sua interiorità e sul mondo intero: dolore, Messico, colori, vita, morte. Tutto quello che porta dentro, lo butta fuori, con grande forza, profondità e praticità allo stesso tempo.
Porterò senz’altro con me i colori del suo Messico, gli stessi colori della vita che Frida, sono sicura, ha tanto amato.
“Nulla è nero” cattura prima di di tutto per la rievocazione di un personaggio emblematico come Frida Kahlo, attraverso un linguaggio capace di evocare vividamente immagini e sensazioni anche piuttosto sfuggenti e difficili da trasmettere con esattezza: è il caso per esempio delle tante sfumature di colore usate per intitolare i capitoli, e insieme per contrassegnare le stazioni dell’accidentato cammino di Frida. Il racconto dei due protagonisti, e soprattutto del loro rapporto, suscita invece reazioni contrastanti: Diego Rivera è di per sé un personaggio anomalo e ingombrante in tutti i sensi, irritante anche perché restio a farsi inserire nelle categorie per noi più consuete, ma ancora più forte è l’impatto di una relazione multiforme e complessa come quella che lo lega a Frida – che non è una vittima, o non solo, anzi una figura forte, animata da un’energia compressa in un corpo che non riesce a starle al passo, e in grado di tenere testa al gran pintor anche nel campo artistico dominato dai poderosi murales messicani dell’epoca. Nel rapporto tra i due davvero nulla è scontato, nulla è “già visto”: come dimostra anche la scena finale, dove l’unione tra Frida e Diego si sposta in modo definitivo e simbolico su un piano diverso, situato al di là di ogni contesa, incomprensione o tradimento che possa avere segnato la la loro vicenda di esseri umani.
E in sintesi, per riassumere il percorso della vita di Frida con le parole dell’autrice, “Perché non bisogna morire subito, ma un po’ più tardi. E allora tanto vale mettersi a dipingere.”
Romanzo biografico dedicato al rapporto fra due grandi talenti della pittura del ‘900, ma anche alla giovinezza di Frida prima dell’incontro fatale con Rivera.
E poi la dedizione a Diego di questa donna libera; Diego diventa il suo migliore amico, la sprona a dipingere e a farsi conoscere e al tempo stesso la tradisce e la fa soffrire.
Claire Berest racconta la storia della celebre pittrice messicana in modo inedito, ci permette di rivivere le varie tappe della sua vita, ognuna delle quali è identificata con un colore declinato in tante sfumature: blu cobalto, rosso sangue, giallo, nero. A ogni sfumatura corrisponde un ricordo, una scena, una sensazione, un’emozione di Frida.
La biografia ci restituisce Frida Rivera la donna messicana che indossa abiti colorati e si fa notare ovunque, ma anche Frida Kahlo, la donna moderna che vive in un albergo, una donna che fuma e beve, che viaggia per il mondo senza il marito.
Un romanzo che racconta la lotta politica di Diego Rivera, gli amori e i tradimenti dei due protagonisti , ma soprattutto la sublimazione del dolore di Frida attraverso la pittura.
La scrittrice immerge il lettore nei lavori di Frida e lo aiuta ai capire meglio i retroscena e la creazione dei suoi lavori.Mi sarebbe molto piaciuto trovare anche le foto dei dipinti che vengono descritti .
Leggendo il libro sembra che Frida Kahlo stessa racconti la sua storia d’amore con il famoso artista Rivera: si sentono gli odori, si vedono i colori, si avverte l’atmosfera del Messico. Una storia tragica che restituisce speranza, che a tratti infastidisce per la morbosità del rapporto ma che allo stesso tempo impedisce al lettore di giudicare. È la storia d’amore di due semidei con il dono di rielaborare la realtà rendendola arte bellissima e intoccabile. Libro da leggere tutto d’un fiato, lasciandosi avvolgere dai colori smaglianti con cui Frida ha saputo adornare il suo drammatico destino perché nulla è nero se non siamo noi a deciderlo.
Prima di incontrare questo libro, non sentivo il bisogno di leggere la storia di questa amatissima artista, già conosciuta nel corso della mia formazione, “sbirciata” tra i libri d\\’arte e citata in tantissimi film, altri testi e mostre d’arte. Eppure il racconto della Berest mi ha tenuta ferma tra quelle pagine e allo stesso tempo in fuga da quei racconti e da quel dolore che è stato di Frida Kahlo ma è anche un po\’ del lettore. Davvero forti i colori e la sensazione di toccare con mano i sentimenti dei personaggi.
Inizia un pò in sordina e con una scrittura molto letteraria, ma poi riesce a narrare con sensibilità la storia, i difetti, le paure che si nascondono dietro una gande donna.
“Dipingo autoritratti perché sono spesso sola, perché sono la persona che conosco meglio.”Frida: l’artista, la donna, l’attivista. I suoi i quadri si leggono come un percorso analitico e questi due libri ne delineano il suo vissuto. Due letture diverse, “Nulla è nero” per (ri)scoprire l’artista e la donna, mentre per approfondire il libro di Hayden Herrer “Frida, una biografia di Frida Kahlo”, biografia completa e dettagliata. Neri Pozza
L’incipit del romanzo è sufficiente, a Claire Berest, per inquadrare perfettamente il tema del romanzo: Frida, Diego e il rapporto fra di loro che sta nascendo: “Lei vede soltanto lui, senza nemmeno doverlo guardare. Lui non smette di svolazzare qui e là nell’angolo quasi cieco dell’occhio, dove più che vedere si intuisce.”
Guardare, vedere, intuire.
“Dipinge perchè un giorno suo padre le ha detto che bisognava imparare a guardare per imparare poi anche a vedere”.
Questo è il processo della conoscenza per Frida da cui, tramite un percorso di sofferenza, emergerà la creazione artistica.
“A Diego piaceva confrontarsi con lei e lo faceva di continuo, cosciente di avere trovato uno sguardo alla sua altezza” e confida un giorno a Frida “Tu sei i miei occhi”.
L’intesa intellettuale che li unisce e il rispetto che Diego ha per il suo talento, la pongono su un gradino completamente diverso da quello delle innumerevoli amanti, ma a lei non basterà.
Condivido pienamente quanto espresso nella bella recensione di Silvana Pulcinella: “Il libro celebra un amore totale, forte, vero, sconsiderato, folle, selvaggio che si unisce all’unisono con l’arte.“
Difficile raccontare ancora qualcosa di sorprendente o interessante su Frida Kahlo.
Vera icona pop, già in vita, ha stregato e ammaliato un bel po’ di pubblico. I suoi furori, gli ardori, le ferite e le trasgressioni, sono state celebrate in biografie, film, mostre.
Forse una particolare passione, una predilezione personale, ha spinto Claire Berest a impegnarsi in una nuova biografia. E, pur non svelando alcun segreto che non conoscessimo, l’autrice, con una certa abilità, è riuscita a creare un racconto intimo, intensamente sensoriale, che si fa apprezzare.
La scrittura enfatizza, o per così dire, si sovrappone alla vita e all’arte di Frida, dandole una densità fisica ed emozionale quasi materica. A partire dalle declinazioni cromatiche che titolano i capitoli del libro e continuando con la luce, i colori, il cibo, la vegetazione del Messico, la carne e gli umori dello strabordante Diego Rivera, grande affabulatore e infido amante, i fiori, i monili, le cianfrusaglie amate, le acconciature, i vestimenti teatrali di Frida, fino al sangue e alle ferite ossessivamente esibite nei suoi dipinti. Insomma, ci si fa trascinare volentieri dentro questa vita eccessiva, di furori e ribellioni, che fanno dimenticare per un momento il grigiore e la mestizia attuali.
Il titolo “Nulla è nero” è la citazione di una frase che Frida Khalo scrive sul suo diario, nel 1954, mentre, ancora giovane, è in ospedale e soffre.
Il libro è decisamente originale per la sua suddivisione dei capitoli per colori, tutti attinti dalla tavolozza di Frida: il blu (tenerezza), il rosso (dolore) e il giallo (sofferenza, disagio, paura).
Berest dipinge, a sua volta, in questo libro di facile lettura e senza esternare giudizi, un ritratto pigmentato di questa artista messicana e della sua vita, modellandolo, senza drammatizzare, sul personaggio che è già di per sé fiammeggiante ed incandescente.
Sceglie i momenti biografici più salienti, facendone quasi un diario di bordo, pur non dando agli eventi una sequenza cronologica, e riportando, con parole multicolori, le annotazioni sulla sua vita e sui suoi pensieri.
Il focus, è proprio sulla sua relazione con il “gran pintor” Diego Rivera, il mentore, l’amante, l’amico, il marito, che gioca un ruolo importantissimo sul suo successo e sui suoi dipinti con i loro simbolismi. Racconta la storia d’amore e la passione carnale, artistica e politica di questi due destini incrociati, del loro amore sregolato, dell’anarchia di un sentimento antitetico alle convenzioni di coppia e dell’alchimia che ha permesso loro di non perdersi, rafforzandoli e rendendo ancor più fruttuosa la loro creatività.
Fanno da contorno la giovinezza e le sofferenze di questa allegra combattente femminista d’avanguardia, gli artisti e i politici che frequenta in quegli anni, gli amori bisessuali e i vestiti da tequana, i bijoux, i profumi, i fiori che usa, abbigliandosi come fosse un quadro, per nascondere il suo corpo martoriato e per diventare, agli occhi degli altri, una donna inattaccabile.
Lo amerà teatralmente, fino alla fine della sua vita, facendo sopravvivere questo amore a lei stessa, quasi come una sfida alla morte.
“VIVA LA VIDA”, la frase che Frida, devastata dal dolore fisico e dal dolore per i tradimenti subiti, scrive con mano tremante, nell’ultimo dei suoi quadri è il messaggio che ci tramanda.
Avevo già letto il libro Frida della scrittrice americana Hayden Herrera, dal quale è stato tratto il film omonimo nel 2002 e mi sono chiesta perché Neri Pozza proponesse nuovamente un libro su questa pittrice.
Nulla è nero non è, però, una biografia dettagliata.
Nulla è nero è un viaggio dipinto con i colori e la voglia di vivere di Frida…